venerdì 7 ottobre 2011

Mac di Marco (autoreferenzialità)


Il primo Mac fu un Plus, a forma di televisione, bianco panna. Seconda mano, da un amico ingegnere. Aveva una estensione di memoria e anche un modem esterno. (Grande soddisfazione per il modem esterno). Dopo un onorato servizio lo regalai a un altro amico – cosa di cui mi rammarico.
Il secondo Mac fu un Powerbook, un portatile grigio scuro. Lo tenevo sulle gambe seduto in poltrona. Molto orgoglioso della posa. Ero magrissimo e fumavo molto. Ce l’ho ancora.
Il terzo fu un iMac verde. Stupendissimo. Stava in una casa amata molto, disegnata e arredata da Lucianella Cafagna. Per una incongrua serie di coincidenze fu fotografata da un giornale danese. L'iMac verde faceva la sua figura su una micro-scrivania finto impero che avevo preso in prestito dalla casa di mia madre a Grottaglie; l’iMac è andato perduto, il tavolo è tornato al suo posto, a Grottaglie.
Il quarto Mac fu un iMac bianco bianco bianco, fu il secondo di quelli piatti (il primo dei piatti era quello con il bulbo, buffo ma bello). Adesso il mio quarto Mac ce l’ha Maria Sofia (figlia) nella sua camera da letto.
Il quinto è quello che ho adesso, metallo e cornice nera. Aria tecnica.
Nel frattempo ho posseduto: a) un iPod di seconda generazione, che conservo ancora anche se non funziona più, bianco latte, fondo metallico, la cosa più materica che ho mai avuto insieme a una scatola di Alessandro Albrizzi, corpo argenteo e coperchio trasparente; b) uno di terza, colore grigio.
Ho una specie di sesto Mac, un iPad prima serie. L’altra sera ho preso a noleggio e rivisto i Tenenbaum, con l’iPad poggiato alle ginocchia, e Gene Hackman dice serafico alla sua figlia adottiva Gwyneth Paltrow: “Ma ricorda che tu non sei una vera Tenenbaum”.
Icone - Steve Jobs - mercoledì 12 ottobre, ore 23