martedì 18 ottobre 2011

Il cliché indignados (De Marzo da Lerner)

Un po' di sgomento ad ascoltare Giuseppe De Marzo, uno dei capi degli indignados ieri da Gad Lerner (L'infedele resta lo spazio di approfondimento tv più interessante, quello che ti fa capire più cose). De Marzo: tutto troppo visto, tutto cliché. Per esempio, di fronte alla domanda "come uscire dalla crisi del debito?", risponde "non certo tagliando i fondi all'istruzione". Il punto è che su questo siamo tutti d'accordo. Ma la nostra priorità finanziaria e politica evidentemente non è quella di abolire le missioni all'estero (slogan di De Marzo), o ridurre la spesa per scuole e università; semmai riequilibrare il peso dei privilegi nella società. I ragionevoli credono che l'innalzamento dell'età pensionabile e il contenimento della spesa per il pubblico impiego (e anche il dimagrimento di alcuni settori del pubblico impiego) siano l'unica strada percorribile, e comunque la più equa. Il punto resta uno solo: chi è oggi in grado di affrontare e sostenere questi cambiamenti? L'attuale governo non lo ha fatto. Giorgio Straquadanio (ieri in forma) si chiede se potrebbe farlo un governo più largo, tenendo comunque conto del fatto che qualunque governo più largo si troverebbe la piazza degli indignados contro. Il pasticcio in cui siamo finiti funziona così: una parte crescente della società (mezzi di informazione borghesi, economisti, una parte del mondo cattolico, un pezzo di ceto medio deluso dall'esperienza del Cav., la sinistra di piazza, la gioventù grillina e/o antipolitica) crede che questo governo non sia adatto a gestire questa fase difficile; ma la larga e differenziata opposizione sociale al governo troverà poi una ricetta comune per affrontare la crisi? Bisogna sperarlo, ma non sarà facile.
P.S. In questa nostra storia, fatta innanzitutto di spesa pubblica scriteriata, la critica al mercato non c'entra.
Secondo P.S. Bellissimo passaggio nella trasmissione di ieri, quando Massimo Firpo, storico del Cinquecento, spiega che cosa fu lo Stato, cioè la politica, nei paesi che si unificano nel Cinquecento: una occasione di promozione sociale, cioè un antidoto alle sclerotizzazione aristocratica delle società.