mercoledì 5 ottobre 2011

La grande shakerata/2. Analisi

Il giorno dopo Moody's, Guido Roberto Vitale dice al Corriere (Mucchetti, pag.14) che la borghesia stanca del Cav. deve tornare alla carica dandosi una regolata per ispirare il cambiamento in un paese dove "ciascuna corporazione lancia sfide che non la toccano". 
Al momento queste classi dirigenti borghesi sembrano abbastanza in pista, ma non è chiara nè la direzione, nè il grado di coordinamento degli uomini in movimento. Della Valle sonda il terreno dell'antipolitica con un manifesto. Ha un gruppo di riferimento, Montezemolo, i Merloni (anche Maria Paola, eletta nel Pd, viene data come molto attenta agli sviluppi montezemoliani), Abete, ecc. L'uscita di Della Valle dà una smossa al mondo confindustriale, nel frattempo alle prese con una vera grana, l'uscita della Fiat di Marchionne da Confindustria. Prima questione quanto inciderà questo movimentismo sul futuro dell'associazione degli industriali? In che modo arriveranno al rinnovo della presidenza nel 2012? Emma Marcegaglia, presidente uscente riuscirà a orientare la successione o si rischia lo scontro? Per esempio, che cosa farà Bombassei? E comunque l'uscita della Fiat comporterà inevitabilmente un dibattito, un ripensamento su Confindustria e il suo ruolo, e sul modo in cui andranno governate le relazioni industriali (chiaro che se cambiasse l'organizzazione degli industriali, i sindacati non potrebbero fare finta di niente). Della Valle si muove anche sul fronte Mediobanca-Rcs, l'idea è quella di pesare di più, ma sembrerebbe che né in Mediobanca, dove Nagel lo sostanzialmente stoppato, nè in Rcs, vincolata da un patto di sindacato molto largo, ci siano al momento margini di manovra. E alcuni accusano Della Valle di un eccesso di movimentismo.
I banchieri. La generazione dei banchieri progressisti che marciavano compatti fino al 2005, l'anno delle scalate bancarie, non è più una falange. Abete fa ancora il presidente di Bnl (ma con meno presa sul sistema di potere, il capo esecutivo è Fabio Gallia) ed è su posizioni terzopoliste. Alessandro Profumo, a un anno dall'addio a Unicredit, ha preso una direzione netta e chiara, dichiarandosi disponibile all'impegno politico con il centrosinistra, lato Pd. Corrado Passera, capo esecutivo di Intesa Sanpaolo, il più coriaceo del gruppo, è in buoni rapporti personali con Montezemolo, ma ha una sua dimensione completamente autonoma, un profilo quotato sul mercato della leadership, e in questa fase è difficile immaginare che lasci la banca. 
L'altra area borghese in grande movimento è quella che guarda al governatore della banca d'Italia, Mario Draghi, vasta area di economisti, editorialisti, grandi burocrati, un pezzo della grande stampa, spezzoni di politica in cerca di un baricentro. Draghi sarà il punto di riferimento stabile dei prossimi anni per un'Italia politicamente in sommovimento. Marina Berlusconi – al Corriere – dice "papà non deve molare e non mollerà", ma è evidente che tutta la coalizione di centrodestra è diventata più fragile, indebolita dalle difficoltà personali dei due leader Bossi e Berlusconi, e da una sostanziale timidezza di immaginazione e di azione politica di fronte alla crisi, e dal conflitto tra il Cav. e il suo superministro Tremonti (ancora ieri la battuta sulle elezioni). L'editoriale di De Bortoli, oggi, sul primo giornale italiano, ammonisce: attenzione perché se continuiamo così non siamo più né credibili, né seri. 
Così per tornare alla questione Vitale, la domanda è la stessa da dieci anni a questa parte: può la classe dirigente che si considera borghese  costruire una leadership per il rinnovo del sistema politico? In ballo non c'è solo la successione a Berlusconi, ma la ri-costruzione complessiva di un sistema che assicuri una efficace rappresentanza del consenso.