venerdì 30 settembre 2011

Lo scontro per la Banca d'Italia, il ruolo di Draghi nella rappresentanza della classe dirigente borghese


Qualche giorno fa sulla Stampa, Marco Alfieri ha scritto un articolo stuzzicante sui riservisti, cioè quel blocco di personalità che arrivano per lo più da esperienze economiche, che sono interessati ad affacciarsi sul crepaccio della politica. Montezemolo, Monti, Profumo, Passera, eccetera. Sono a vario titolo portatori di una comune esperienza borghese, occidentale, fatta di lauree tecniche, esperienze all'estero, attività di comando nell'economia. 
Difficile dire come andrà a finire, questo movimento è in atto da qualche anno, ha già prodotto la gran parte della classe dirigente della seconda repubblica: dal mondo dell'economia venivano Berlusconi, Prodi, Ciampi, Dini, lo stesso Tremonti. 
In realtà nessuno di loro ha saputo costruire un sistema di rappresentanza borghese, cioè una forza politica o anche solo un gruppo di potere organizzato in cui si riconoscessero davvero interessi e identità di quel pezzo della società italiana (borghese appunto) che ancora tiene in piedi e unito il poco che resta della nostra ricchezza e complessità sociale.  
Da questo punto di vista l'unica traiettoria che potrebbe diventare interessante è quella di Mario Draghi. E' proiettato alla guida della Bce, dove resterà per otto anni. La forza che gli deriverà dall'incarico e la sua personale attitudine alla gestione di dossier complessi e interessi, a mediare tra forze contrapposte, farà inevitabilmente di Draghi il solo uomo pubblico italiano che potrebbe essere in grado di coagulare pezzi di classi dirigenti e di società e di essere un punto di riferimento per quello che saranno i partiti del dopo-Berlusconi (tendenzialmente, cioè, avviati a una nuova scomposizione e ricomposizione del quadro politico). Lo scontro durissimo in atto sulla Banca d'Italia va inserito in questo contesto. 
Per Draghi sarà indispensabile una linea di continuità e di collegamento con la Banca d'Italia negli anni in cui sarà a Francoforte, non solo per ovvie ragioni tecniche e relazionali, ma anche perchè palazzo Koch, rispetto al resto delle istituzioni pubbliche italiane, ha conservato il rango e il carattere del luogo di formazione di classe dirigente. E questo serbatoio potrebbe risultare, così come è già stato negli ultimi anni, decisivo per governare i prossimi.