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lunedì 21 novembre 2011

Diventare abbastanza ricchi a 50 anni. Storia di Gori e Magnolia (e anche di Dallatana e Canetta)

da Panorama Econony
Cominciare una terza vita a 51 anni con un certo numero di milioni da parte, è una di quelle cose che molti vorrebbero. A Giorgio Gori è riuscito. La sua storia è nota: per diciassette anni in Mediaset dove cominciò con Carlo Freccero e dove è stato prima responsabile di tutti i palinsesti e poi direttore di Canale5 e Italia1. Nel 2001 ha fondato una società di produzione televisiva, Magnolia, che ha progressivamente ceduto al gruppo de Agostini, e poi ha lasciato due settimane fa, tentato da una nuova vita che dovrebbe essere la politica.
Come ha fatto Gori a costruire una macchina da 130 milioni di fatturato (secondo le previsioni quest’anno Magnolia farà +22% rispetto al 2010), intorno alle 2000 ore di tv l’anno, contratti per 450 persone, e assicurare alla sua creatura di sopravvivere al suo capo e fondatore?
Probabilmente la risposta a questa domanda è nell’origine dell’operazione Magnolia. Insieme a Gori, lasciò Mediaset una ragazza che era stata la sua vice, Ilaria Dallatana, e che è sin dall’inizio socio di Magnolia. In un’intervista a Prima Comunicazione dell’aprile del 2001, Gori racconta: “Ho conosciuto Ilaria quando sono andato a dirigere Italia 1 nel ’97. Lei arrivava da Telecinco ed era stata chiamata dal direttore uscente Vetrugno. Ci siamo incontrati sulla porta e abbiamo detto: Va bene, proviamo a lavorare insieme. Da allora non ci siamo più separati”. Insieme a loro c’è un piccolo gruppetto di persone, la segretaria di Gori, Valeria Colusso, e due produttori, Cristiana Molinero e Daniela Buonvino. Si unirà alla partita Francesca Canetta, la quale aveva anche lei lasciato Mediaset per andare a fare il capo del palinsesto di Tmc nella fase di transizione verso La7. E più avanti, nel 2003, sarà assunto un direttore commerciale, Francesco Busdraghi.
Ilaria Dallatana
Il segreto dell’operazione, come capita spesso nelle avventure editoriali e quasi sempre nella logica culturale dell’imprenditoria televisiva, è che il gruppo tende a percepire se stesso come una famiglia. Lo credono i dirigenti e lo credono anche quelli che lavorano per l’azienda. Quel genere di stato d’animo delle start-up, fatto di carisma del fondatore & spirito inclusivo. Dallatana ritiene che questo spirito non si sia modificato quando la società è stata comprata dai De Agostini: “Abbiamo conservato uno spirito da famiglia anche dopo l’integrazione internazionale in Zodiac”. 
Francesca Canetta
Naturalmente nello spirito di gruppo conta il percorso comune. Il gruppo parte nel 2001. Porta a casa subito un paio di produzioni per la7, che guidata da Roberto Giovalli, direttore di rete, in quella fase sta tentando l’operazione terzo polo (dopo due passaggi di proprietà ritornata in agenda nell’ultimo anno e mezzo). Fa una produzione per Mediaset, “Il protagonista”. Ma è con “L’eredità” per Rai1 – condotta da Amadeus (divertente imitazione di Max Tortora in un altro programma di Magnolia, Bulldozer) – che la piccola società si rafforza.
Poi succedono due cose importanti per definire l’identità editoriale della nuova società. La prima è un’intuizione attribuita a Francesca Canetta, responsabile dei contenuti. Magnolia entra nell’ideazione di prodotti per il satellitare, per le reti che stanno nascendo nel mercato che poi sarà occupato da Sky. Qui sperimentano un modello che punta ad abbassare i costi al minuto. Hanno la visione di chi è stato dall’altra parte, di chi è stato committente.
Giorgio Gori
Oggi con programmi tipo “MasterChef” per Cielo, “X-Factor” Sky1, “Sos tata” per Fox, “America’s Next Top Model” (Sky1), “Wedding Planners” e “Cortesie per gli ospiti” per Real Time il fatturato da tv satellitare e digitale vale poco meno del 40% del totale. Pperazioni dai costi contenuti tra i 40.000 e gli 80.000 euro per ora prodotta. Costo orario più elevato per MasterChef e per la parte di X-Factor che ancora producono, dopo che Fremantle si è ripresa il format.  
La seconda questione è il reality. Gori ha portato il “Grande Fratello” a Canale5, la grande svolta narrativa della tv che entra nel 2000. Tre anni dopo porta il reality in Rai con “L’isola dei famosi” (un “Survivor” più pop) e “Music farm”. In un’altra intervista, ancora a Prima comunicazione, nel gennaio del 2005 dice: “Non mi identifico con i reality show, però trovo siano la novità più interessante di questi ultimi anni di televisione”. Nei reality si confrontano con il modello Endemol, più generoso nei costi.
Spiega Dallatana: “Siccome in tv non si possono fare le nozze con i fichi secchi, non abbiamo mai fatto delle cose che fossero aldisopra delle nostre possibilità. Abbiamo imparato a lavorare sui budget, sulla ottimizzazione delle squadre e del personale, e poi abbiamo fatto delle scelte di genere e di contenuti, abbiamo scommesso su generi che potevano dare buoni risultati senza spese eccessive. La verità è che per quanto mi riguarda vengo da una generazione televisiva per cui il format è fondante, una tv meno visionaria, ma anche meno velleitaria”.
Con questo approccio, Magnolia diventa una macchina appetibile. Nel 2004 fattura circa 30 milioni di euro, con uno staff agile: dieci dipendenti fissi, quindici contratti a tempo determinato, e molto ricorso ai service.
Lorenzo Pellicioli
I buoni risultati consentono a Gori di cominciare a lavorare su una uscita graduale dalla sua creatura. Nel gennaio 2007 viene ceduto il 53,5% di Magnolia (e società controllate) al gruppo de Agostini per una cifra molto interessante. Si parlò di oltre 20 milioni di euro. Gori conservò la guida della società e il 25%, il resto rimase a Dallatana e Canetta. Presidente di Magnolia diventò Lorenzo Pellicioli, capo operativo della De Agostini e vecchio amico bergamasco di Gori. Il quale nell’accordo con De Agostini sfruttò al meglio le circostanze e i rapporti – certo – ma anche il momento di evoluzione del compratore. Il mercato giudicò quello fatto da Gori un affare. Ma De Agostini poteva permetterselo. Azienda superliquida si stava strutturando come holding di investimenti concentrata nel tempo libero. Aveva comprato Lottomatica, Gtech negli Stati Uniti, e stava entrando nei media. In Spagna ha comprato Antena 3, seconda rete commerciale del paese, intorno al 15% di ascolto medio. Aveva bisogno di contenuti. Aveva fatto un paio di incursioni nel cinema, l’acquisto di Mikado, distributore di cinema raffinato (il cui più grande successo è “Lanterne Rosse”), e una piccola partecipazione in Cattleya, società di produzione di cinema e tv. Così in cerca di contenuti più televisivi, comprarono Marathon in Francia, Rdf in Inghilterra, Zodiac in  Svezia, Magnolia in Italia. Obiettivo fare concorrenza a Endemol.
Nel dicembre del 2008 De Agostini mette insieme tutte queste società di contenuti. Il 100% di Magnolia viene inglobato da Zodiak Media Group. E i vecchi soci di Magnolia concambiano. Gori al momento ha ancora il 3,9% di Zodiak, Ilaria Dallatana e Francesca Canetta meno dell’1%. 
Ma da quel momento la successione è sostanzialmente preparata. Gori comincia a ragionare sui tempi dell’uscita dal gruppo. Nel 2010 Dallatana prende un sabbatico di sei mesi, rientra a inizio 2011 e viene nominata amministratore delegato. Gori diventa presidente. E si dimette due settimane fa a ridosso dell’iniziativa del sindaco di Firenze Matteo Renzi alla  Leopolda, anche per evitare le polemiche nate dalla sua partecipazione.
Nel mondo dell’industria editoriale e dell’intrattenimento italiani non ci sono molti casi di questo genere. Si può citare il caso di Pietro Valsecchi, produttore prima di cinema (“Un eroe borghese”, per esempio) e poi di fiction tv che ha ceduto la sua Taodue a Mediaset a una cifra consistente. Oppure il caso di Carlo Degli Esposti che aveva ceduto la cinematografica Palomar a Endemol e poi la ricomprò. Ma il caso Gori è diverso sul piano della scelta personale. Ha costruito un’azienda dalla quale se n’è andato per un’altra vita. E l’azienda sembra avere le caratteristiche di management e azionarie per sopravvivere al suo fondatore. Vale 130 milioni di fatturato, vive in un mercato diventato aperto, quello dei contenuti tv, e ha le spalle coperte da un editore con dimensioni e struttura internazionale. (twitter@MarcoFerrante)







giovedì 17 novembre 2011

Storia di Giorgio Gori e di Magnolia su Panorama Economy

Come un manager precostituisce l'uscita dalla sua creatura e la successione a se stesso.
L'avventura di un gruppo – Gori, Ilaria Dallatana, Francesca Canetta – che lasciò Mediaset nel 2001 per fondare una società di produzione, oggi nel gruppo De Agostini.

  

domenica 6 novembre 2011

Settimana Incom di tv & politica alquanto situazionista (ma non lo chiamavano teatrino?)

Settimana poco bloggista. In compenso vista un po' di tv. Conclusioni tratte: molto cabaret e come minimo molto situazionismo.
Primo posto, la gag Santoro-Lavitola, vero esempio di infotainment con lavagnetta, allusioni alla tv dei plastici in studio, complicità attoriale spinta, battute da ambo le parti, molto buone in certi casi ma anche spiazzanti per chi crede nelle parti in commedia: Santoro è un uomo di tv politicamente e antropologicamente contro Lavitola e quello che Lavitola rappresenta, Lavitola – soprattutto in questo schema – dovrebbe essere per Santoro un uomo che si è sottratto a un ordine di custodia cautelare. D'altra parte Lavitola dovrebbe considerare Santoro il leader degli avvelenatori mediatici. Dunque perché flirtano?
Secondo posto, Straquadanio irragionevole davanti all'Hassler vs la telecamera di Piazzapulita. Prima mandato in onda per alcuni minuti da Piazzapulita medesima in una confezione televisiva più simile a un montaggio tipo Jene o Striscia la Notizia, che non alla veste di una trasmissione di approfondimento (si chiamano così) dedicata al tema "come si esce dalla crisi". P.S. lo stesso Straquadanio il giorno dopo verrà praticamente blobbato dalla Zanzara, trasmissione di approfondimento radiofonico.  
Terzo posto, siparietto Cav-Trem in conferenza stampa al G-20 di Cannes. Lo spettatore prova imbarazzo per chi fa le domande, imbarazzo per chi risponde.
Quarto posto, Travaglio vs Gori, che a Travaglio non è piaciuto per via del suo ruolo alla #Leopolda, il format, i temi, la sintesi pdf delle 100 proposte, ecc. Non tifando per nessuno, gli argomenti di Travaglio sono politicamente poco interessanti.   
Quinto posto, un attacco di Libero sul modo in cui Diego Della Valle va in video e si veste e usa le sciarpe (a Serviziopubblico), in cui si applica a DDV lo stesso metodo estetico-antropologico che per anni è stato stigmatizzato nella prassi degli avversari, da parte degli edificatori di una cultura pro-Cav.
Questo è quanto, teatrino (si chiamava così no?) con attori imbolsiti dalle parti ormai consumate. Del resto anche lo show-biz programmaticamente leggero è in crisi: p.es. la Littizzetto e una terribile battuta su Carlà e sua figlia.