Strano il destino di una famiglia arrestata in blocco. O per
la vita che aveva condotto prima, o per il modo di indagarla dopo. Adesso sono
i Ligrestos. Fino a due anni fa, erano stati una famiglia ricca, già
sufficientemente discussa e abbastanza potente con un classico percorso
geografico&sociale in una sola generazione: Salvatore è nato a Paternò,
rapporti famigliari con i Virgillitto (i protettori di Raffaele Ursini di
Liquigas) e con i La Russa. Il padre di Ignazio La Russa era stato amico e mentore
di Salvatore. Nella generazione successiva, Ignazio aveva officiato la
cerimonia civile nel giorno del matrimonio a Taormina di Giulia. Giulia
Ligresti è la prova di un transito generazionale. Suo padre ostensivamente
meridionale, a partire dal dettaglio della cravatte sotto la cintura, lei
bionda, occhi azzurri, minuta, composta, capelli raccolti dietro le orecchie,
sorrisi nel complesso molto misurati in una galleria di immagini Google che
descrivono istantaneamente la sua dimensione pubblica. Il fisico sportivo, la
vela, e – al posto di quelle cravatte – un marchio della moda, Gilli, fondato,
e poi liquidato, per realizzare borse da lei stessa disegnate che non
incontrarono un grande successo, ma che testimoniavano un certo interesse per
lo stile.
Gli osservatori neutrali descrivono questa transizione della
bionda Giulia come una legittima aspirazione sociale: frequentare il mondo
rivisitato delle case del Cappuccio, cioè i luoghi di quella che era stata la
Milano borghese molto ricca e chiusa all’esterno, adesso che il Cappuccio e
quelle case non sono più presidiati soltanto da quella borghesia.
Stampa meno favorevole per il figlio maschio Paolo, con
interessi immobiliari in Svizzera, passione per le macchine sportive e per il
Milan, il quale negli ultimi tempi si dichiarava più combattivo di suo padre, e
fino all’ultimo diceva in giro che non si sarebbe fatto strappare il gruppo
assicurativo dalle mani. Popolarità relativa anche per Jonella, la maggiore, la
ragazza appassionata di equitazione. Quattro cavalli costati 6 milioni di euro
nel 2008 a una società di famiglia. In un elenco di richieste avanzato a
Mediobanca per trattare una buonuscita da Fonsai c’era anche la disponibilità
di un albergo per le vacanze. Nel 2007, Jonella Ligresti fu protagonista di un
caso molto bizzarro: una laurea honoris causa conferita dall’Università di
Torino, revocata sei ore dopo dal ministro dell’Università Fabio Mussi per
insussistenza dei requisiti. Certo, non fu colpa della laurenda, ma dell’ateneo
che non tenne conto del preventivo parere contrario del ministro, il quale
aveva cominciato una battaglia contro quei riconoscimenti.
Le amiche, invece, raccontano le ragazze Ligresti in un
altro modo. Molti cavalli, ovviamente, e molto sport, ma anche molti aiuti per
le Ong. Senz’altro abituate al benessere, forse un po’ viziate dai voli
privati, ma dopotutto ok. “È chiaro che hanno sempre fatto solo e soltanto
quello che diceva il padre”, è la tesi di chi le conosce. Come dire che dietro
l’esibizione della managerialità di seconda generazione, c’era innanzitutto un
genitore molto protettivo. Si vedrà nei prossimi giorni.
Ma la cosa interessante della storia dei Ligresti in queste
ore (segno dei tempi moderni, e di come cambia il modo di raccontare le vite
degli altri attraverso la mediazione di conoscenti, amici e avversari) è il
fatto che una parte di questa storia – compresi i messaggi di sostegno e
solidarietà degli amici (“coraggio non è da te cedere”, “Jo… Testa alta!!! Ti
voglio bene!” – è su Facebook, un diario pubblico di quella che un tempo era la
vita privata. E fa molta impressione nel giorno di provvedimento di
restrizione, vedere passeggiate su dune desertiche (un post di Giulia: “in
Libia una delle mie corse più belle!”), figli, alberi di natale, cavalli, compleanni,
cotillon, massime (sul profilo di Jonella: “lascia che tutti sappiano che oggi
sei più forte di ieri”). Sic transit gloria Facebook.
Marco Ferrante